Basilica di San Clemente: la basilica-cipolla
Basilica di San Clemente: uno la guarda da fuori e manco ci fa troppo caso. A dirla tutta, dalla strada si capisce a malapena di cosa si tratti: l’entrata ordinaria, cinquecentesca, è inserita su un muro anonimo.
D’altro canto neanche la facciata settecentesca, pallida, ordinata e noiosa come una tavoletta di cioccolata bianca, permette al visitatore di intuire che l’interno è un ascensore del tempo in grado di portarci attraverso 3 piani e due millenni.
In ordine cronologico si comincia a livello -2, dove troviamo due costruzioni romane dal carattere ben definito: un complesso di tabernae e un Mitreo. Il primo era una sorta di centro commerciale di età flavia (I secolo), il secondo un piccolo tempio dedicato all’antichissima divinità Mitra, databile fra il II e il III secolo.
Al livello -1, dove potremmo aspettarci il parcheggio del citato centro commerciale, troviamo invece la basilica del V secolo, che venne innalzata al di sopra delle tabernae. Questa venne già dedicata a San Clemente, quarto papa di Roma, e decorata con affreschi in parte ancora conservati.
Al pianterreno troviamo la basilica odierna del XII secolo, nonostante i restauri del settecento che hanno sostituito la facciata di cortina con quella di cioccolata. Resistono al suo interno splendidi elementi medievali, fra cui spiccano il pavimento cosmatesco, il ciborio e il presbiterio.
Roma e gli stargate
Un problema con Roma è che il nostro sguardo riesce a scorgerne soltanto la buccia. Quella superficie che, nonostante la bellezza, nasconde strati e strati di meraviglie sotto di sé, ovvero quelle sedimentazioni urbane e architettoniche che la Città – eterna per definizione – ha conservato fin dalla sua stessa fondazione.
Esistono tuttavia specifici luoghi che assolvono la funzione di veri e propri stargate, di ponti nella storia che ci permettono di accedere fisicamente alla Roma di migliaia di anni fa. Fra di loro, la Basilica di San Clemente è uno dei più significativi.
Il primo fumetto d’Italia
Un’opera curiosa e significativa è ancora custodita dalla prima basilica (quella al piano -1, per intenderci), ma per capirla è necessario conoscere l’episodio rappresentato, legato ad un “miracolo” (si, le virgolette sono sarcastiche) attribuito a San Clemente: la leggenda di Sisinnio.
Si narra che Teodora, moglie del prefetto Sisinnio, un bel giorno viene convertita al cristianesimo per opera di San Clemente. Sisinnio, insospettito dal comportamento della moglie (e, secondo alcune fonti, alquanto infastidito dal suo improvviso voto di castità), si mette a pedinarla con i suoi soldati e, nello scoprire la partecipazione di Teodora ai riti cristiani, si arrabbia così tanto da diventare cieco.
Clemente, che probabilmente un po’ in colpa doveva sentirsi (per aver indotto al voto di castità, più che per la conversione), guarisce miracolosamente Sisinnio, che per tutta risposta cerca di farlo arrestare. Evidentemente però il Prefetto sottovaluta il fatto che Clemente possa avere conoscenze più in alto di lui, e finisce per perdere di nuovo la vista insieme ai suoi soldati. I quali finiscono per catturare una colonna di marmo al posto del Pontefice.
La leggenda, già piuttosto divertente per conto suo, diventa spassosa nell’affresco dell’XI secolo che descrive la scena madre. In esso troviamo i soldati che cercano di trascinare una colonna sotto il comando di Sisinnio e vicino alle figure un dialogo, scritto in latino e in volgare, che lega i personaggi come in un fumetto:
Sisinnio: “Fili de le pute, traite” [Tirate, figli di puttana!]
Gosmario: “Albertel, trai” [Albertello, tira!]
Albertello: “Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!” [Fa’ leva dietro col palo, Carboncello!]
San Clemente: “Duritiam cordis vestris, saxa traere meruistis“. [A causa della durezza del Vostro cuore, avete meritato di trascinare pietre]
E come nei migliori episodi dei Looney Toones: That’s all, folks!
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